Delicta iuris gentium

Raphael Lemkin

Saturday, June 26, 2010

GENOCIDIO CULTURALE

La mia rabbia mi ha fatto scrivere questo articolo. La rabbia contro l'ingiustizia, contro il crimine e contro l'ignoranza e l'indifferenza e finalmente contro la violazione dei diritti umani... Solo nel 2005 e non nel 1915, di giorno, davanti agli occhi di tutti paesi cosi detti "civili" e ''cristiani" i turchi dell'Azerbaijan hanno comesso genocidio culturale.

Questo vandalismo senz'altro è genocidio culturale: profanazione dei simboli religiosi, profanazione dell'antichissimo patrimonio culturale, annientamento delle opere dell'arte unica, mancanza di rispetto verso i morti, tentativo disperato di eliminare tutta l'evidenza della crimine terrificante, tentativo disprezzevole di appropriarsi della terra che appartiene algli altri, un atto selvaggio da vigliacco, continuazione del genocidio armeno, la prova irrefutabile del genocidio armeno. E oggi come reagisce l'Europa? Proprio oggi ho saputo che l'Azerbaijan è stato eletto il membro del Comitato del patrimonio culturale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura. E questo subito dopo il GENOCIDIO CULTURALE contro il patrimonio armeno. E ora l'Azerbaijan con le sue mani sanguinose comincierà a proteggere il patrimonio mondiale? Ne dubito tanto...Tutto questo succede perche' i demoralizzati ufficiali europei sono pronti a vendere il loro patrimonio culturale per qualche euro ai turchi musulmani. Dopo questo posso solo dire che l'avarizia e la corruzione europea avrà la stessa fortuna dell'Impero Bizantino...

Friday, June 25, 2010

Il Consiglio per la Comunità armena di Roma:GENOCIDIO CULTURALE


La lettera del 22.12.06 inviata alla Commissione nazionale italiana per l’UNESCO

Spettabile
COMMISSIONE NAZIONALE ITALIANA PER L’UNESCO.
PREMESSO CHE
nel sito archeologico di Giulfa (Djulfa, Julfa) nel territorio armeno nel Nakhchivan, ora sotto controllo politico dell’Azerbaijan,sulla sponda settentrionale del fiume Arax, al confine con l’Iran, è presente un vasto insediamento di Katchkar (croci di pietra armene);
le stesse, raccolte in ambito cimiteriale, in numero superiore ai dodicimila, sono state erette in varie epoche storiche , tra il dodicesimo ed il diciassettesimo secolo ;
rappresentano un altissimo esempio di testimonianza architettonica, religiosa, culturale e della storica presenza armena nella regione;
sono state oggetto, in passato e soprattutto nel 2002, e di sistematiche e mirate distruzioni da parte dei militari azeri di stanza nella zona, finalizzate alla progressiva soppressione di ogni traccia del passato armeno;
a seguito di tali vandalismi , sono rimaste in piedi non più di duemila croci , molte delle quali lesionate;
già l’UNESCO era dovuto intervenire, nel 2003, per bloccare tali azioni.


CONSIDERATO CHE

come da denuncia delle diocesi armene in Iran, si devono segnalare nuovi e gravi episodi di vandalismo (documentati fotograficamente) che hanno visto protagonisti soldati dell’Azerbaijan intenti a distruggere ulteriori kachkars nel cimitero armeno;

continua imperterrita l’attività di genocidio culturale messo in atto dalle autorità di quel paese..
SI INVITA

Codesta commissione a farsi da tramite con l’UNESCO e gli altri organismi internazionali eventualmente interessati, perché – nel rispetto del patrimonio storico, culturale e religioso armeno - intervengano presso le autorità dell’Azerbaijan e impongano l’immediata cessazione di ogni atto di distruzione.
Roma, 22.12.05

Consiglio per la Comunità armena di Roma

Wednesday, June 23, 2010

Comunicato Stampa: Fermiamo la distruzione delle croci armene!

Il Consiglio per la Comunità armena di Roma rende noto di aver rivolto un appello in data 22.12.05 alla COMMISSIONE NAZIONALE ITALIANA PER L’UNESCO affinché si adoperi, per tramite dell’Unesco e degli altri organismi internazionali eventualmente interessati, per far cessare le attività di distruzione e vandalismo poste in essere da militari azeri nel sito archeologico di Giulfa.

Non sono infatti venute meno le segnalazioni di scempio delle croci di pietra armene (katchkar) del cimitero armeno, nonostante gli appelli internazionali e le promesse del governo di Baku.

Delle dodicimila steli litiche, innalzate tra il tredicesimo ed il diciassettesimo secolo, con funzione commemorativa, celebrativa e funeraria, considerate fra le manifestazioni più originali della cultura e del costume religioso dell’Armenia medioevale, ne rimangono ormai poche centinaia, in precarie condizioni.

Il mondo civile, che non ha mai esitato a ergersi paladino del rispetto e della dignità della memoria di un popolo (come, ad esempio, per il caso delle statue di Bhudda abbattute in Afghanistan dal regime talebano), deve esprimere ferma condanna verso l’attività di distruzione compiuta dal governo azero nel sito medievale armeno.
Comunità Armena di Roma

Saturday, June 19, 2010

Lettera aperta: Genocidio Culturale

Saturday, January 28, 2006


Noi, rappresentanti della societa’ civile armena, con profondo dolore e disgusto abbiamo appreso che alcune decine di soldati azerbaigiani, armati di martelli, vanghe e ruspe, si sono introdotti nel cimitero armeno di “Vecchia Giuga” nella provincia del Nachigevan in Azerbaigian, e hanno sistematicamente distrutto gli “khatchkar”, monumenti armeni medioevali unici, insieme con le relative lapidi e tombe, che fino ad ora erano stati preservati in quest’angolo dell’Armenia storica. In considerazione del fatto che gli “khatchkar” di Giuga (Giulfa) sono parte non solo della civilta’ armena, ma anche di quella mondiale, sotto la protezione dell’UNESCO, ci appelliamo all’opinione pubblica mondiale affinche’ rivolga la sua attenzione a questo atto vandalico perpetrato contro il comune patrimonio culturale dell’umanita’.
Mentre le organizzazioni internazionali si sforzano di proseguire nell’opera di risoluzione del conflitto tra i due popoli, questo atto vandalico, commesso con l’approvazione delle alte autorita’ di Baku, dimostra ancora una volta in maniera evidente le reali intenzioni del Governo azerbaigiano, vale a dire perpetrare pulizie etniche contro la popolazione armena autoctona del Nachigevan, attraverso il genocidio culturale e la distruzione delle vestigia culturali armene, proprio in questa parte della patria storica degli Armeni. L’Azerbaigian ha ripetutamente commesso atti simili di vandalismo e di armenofobia durante l’intero periodo del regime comunista, per settanta anni gli “khatchkar” armeni sono stati sistematicamente distrutti o rimossi dalle loro sedi originarie. Dopo la conquista dell’indipendenza, l’Azerbaigian ha proseguito con rinnovato vigore nell’opera di cancellazione delle tracce di presenza armena dal suo territorio. Nel 2002, grazie agli sforzi congiunti di Armenia e UNESCO si era riusciti a fermare la distruzione degli “khatchkar” di Giuga (Giulfa). Ma l’Azerbaigian prosegue nella sua politica di genocidio culturale, violando pesantemente i propri impegni presi di fronte all’UNESCO. E particolare sgomento suscita il fatto che, a condanna delle azioni del Governo del proprio Paese, in tutto l’Azerbaigian non si sia levata la voce di nessuna organizzazione sociale, di nessun esponente culturale. Un tale cinismo ed una tale indifferenza dell’opinione pubblica azerbaigiana nei confronti di un monumento medioevale unico nel suo genere, non puo’ che risvegliare in noi repulsione.In tali condizioni di istigazione all’odio per tutto cio’ che abbia origine armena, non si puo’ nemmeno porre la questione della fiducia nei confronti dell’Azerbaigian e del suo popolo. E ogni richiamo alla pacificazione tra i due popoli che voglia far leva sulla diplomazia popolare suona scorretto e cinico.
Con la presente lettera ci rivolgiamo alle organizzazioni internazionali, ai rappresentanti culturali, alle persone di ogni nazionalita’ perche’ condannino pubblicamente tale atto barbarico perpetrato dalle autorita’ dell’Azerbaigian contro il cimitero armeno di Giuga (Giulfa) nel Nachigevan. Chiediamo all’UNESCO e alle altre organizzazioni internazionali di collaborare al trasferimento dei resti degli “khatchkar” sul territorio armeno, dove finalmente potranno essere difesi da tali aggressioni barbariche.E ci rivolgiamo finanche alla parte piu’ ragionevole del popolo azerbaigiano affinche’ si riscuota e rivolga la propria attenzione a questi eventi, affinche’ li condanni ed esorti il proprio Governo ad interrompere immediatamente questa barbarie.


Friday, June 18, 2010

Parlamento Europeo: Discussione sul patrimonio culturale in Azerbaigian

Giovedì 16 febbraio 2006 - Strasburgo
Ioannis Kasoulides

Signor Presidente, per gli armeni – vittime del genocidio e dell’espulsione massiccia dalle terre natie – testimoniare la distruzione del proprio patrimonio culturale è forse l’ultimo capitolo del loro totale sradicamento. “Non sta accadendo nulla”, dicono le autorità azerbaigiane. Io so che non c’è fumo senza incendio. Questo diniego assoluto mi ricorda la negazione totale del fatto che il genocidio sia mai avvenuto, asserendo che si tratta di una finzione della fantasia armena.
In uno scambio di messaggi di posta elettronica, il consulente per gli affari politici dell’ambasciata azerbaigiana mi ha scritto, e cito, “non possiamo escludere che alcuni contadini poveri di livello culturale pari alla loro condizione possano segretamente utilizzare le pietre sottratte al cimitero per realizzare costruzioni o altre opere correlate”.
Non so per certo chi siano gli autori di tali atti, ma non ho dubbi quanto al fatto che la responsabilità di tutelare l’integrità di tali monumenti sia azerbaigiana al 100 per cento.

Wednesday, June 16, 2010

Un esempio tipico di ''creatività" turca


Ottobre 2006

Denunciata la distruzione delle icone di Cipro da parte turca ...e la distruzione delle croci del Caucaso

Nella seconda settimana di luglio, il Parlamento Europeo ha emesso una dichiarazione Sulla tutela del patrimonio religioso nella parte nord dell’isola di Cipro. Essa denuncia che, nella zona di Cipro occupata dalla Turchia, continuano la profanazioni e distruzioni delle chiese cristiane (oltre 100 negli ultimi tempi) e la scomparsa delle sacre icone (oltre 15.000). Il Parlamento invita quindi la Commissione e il Consiglio europei ad «adottare tutte le misure necessarie per garantire il rispetto del trattato e la protezione degli edifici di culto, nonché il ripristino della loro condizione originaria».
La dichiarazione ricorda che dal 1974, ossia da quando il nord di Cipro è stato occupato dall’esercito turco, quasi tutte le chiese cristiane sono state distrutte o saccheggiate o trasformate in moschee, alberghi e stalle. La comunità cattolica della zona ha subìto un’ancor più dura persecuzione e la maggioranza di essa ha dovuto emigrare nella parte dell’isola rimasta alla Grecia; come ha dichiarato Antonio Chatzirousos, deputato maronita nel Parlamento della Repubblica greco-cipriota, «l’esercito turco ha distrutto o confiscato le loro proprietà ed occupa stabilmente la maggior parte di scuole e chiese, ridotte a quartieri militari e dichiarate inaccessibili». Tutto questo è avvenuto nella sostanziale indifferenza della comunità internazionale.
Contemporaneamente, il Parlamento Europeo ha denunciato un altro caso di distruzione del patrimonio artistico cristiano: quello delle antiche croci-pietre (khatckar) armene del Caucaso. Delle circa 12.000 khatckar esistenti, se ne sono salvati solo 200; per giunta, nel gennaio scorso, le truppe dell’Azerbaigian hanno spianato il terreno della zona distruggendo altre testimonianze artistiche dell’antica fede cristiana.
La distruzione dei khatckar è avvenuta soprattutto nel Nakhicevan, provincia caucasica situata al confine con l’Iran, abitata da etnie sia cristiane che islamiche e inglobata da Stalin nella repubblica dell’Azerbaigian. Questa repubblica è da tempo governata dalla famiglia Aliyev, ieri in qualità della sua militanza comunista ed oggi in qualità della sua ricuperata fede islamica sciita, che la rende amica dell’Iran (cfr. “Avvenire”, 12 luglio 2006).
Queste khatckar sono steli votive rettangolari, piantate in terra, che contengono raffigurata a bassorilievo una Croce, a volte con l’effigie di Cristo, corredata da scene bibliche o da versetti evangelici scritti in armeno antico. Si tratta di preziose testimonianze artistiche della fede cristiana, risalenti soprattutto ai secoli XV e XVI, quando la comunità armena abitava la regione caucasica, prima di essere in parte esiliata e dispersa a causa delle feroci persecuzioni scatenate dapprima dagli iraniani, poi dai turchi e infine dai russi.
Distruggere le khatckar significa aggiungere al genocidio del sangue armeno quello della memoria storica dell’antica fede cristiana del Caucaso.

Monday, June 14, 2010

Agenzia Radicale: Genocidio Culturale

Cos' è un Khatckar? Si tratta - ha scritto su Libero Caterina Maniaci il 5 ottobre scorso - di una croce in pietra, innal­zata dagli armeni vicino alle chiese, ai monasteri o nei cimiteri. Croci sacre, perché sacra è la stessa pie­tra, che diventa oggetto di venerazione e di cul­to. Se ne ricorda uno molto bello, che si trova nell'isola di San Lazzaro degli armeni, a Venezia.
San Lazzaro è una piccola isola nella laguna veneziana, che si trova immediata­mente ad ovest del Lido, completamente occu­pata da un monastero che è la casa madre del­l' ordine dei Mekhitaristi. L'isola è uno dei pri­mi centri del mondo di cultura armena. E pro­prio all'ingresso del monastero si trova una bellissima croce in pietra. Un simbolo millena­rio della grande e tragica storia armena, che nel nostro tempo subisce un nuovo colpo.
In Azerbaijan si è perpetrata la distruzione siste­matica di queste croci. Un sacrilegio, oltreché un'atto vandalico contro monumenti storici di grande bellezza, che si è scatenato soprattutto a Giulfa, antica città armena oggi nell'Azerbaijan, in una regione che si dice sia stata fon­data da Noè, Con ritardo, ma anche il Parla­mento europeo l'anno scorso ha levato la propria voce contro questo scempio. Ora a Roma, proprio nel suo "cuore" storico, si eleverà un so­litario Khatckar, e forse questo gesto ripaga un poco del dolore e dell'amarezza provocati dal­l' insensatezza umana laggiù, nella culla dell'antica Armenia colma di ferite.


Due khachkar salvati di Giugha

http://www.agenziaradicale.com/index.php?option=com_content&task=view&id=1128&Itemid=77

Friday, June 11, 2010

Parlamento Europeo: Discussione sul patrimonio culturale in Azerbaigian

Giovedì 16 febbraio 2006 - Strasburgo
Marcin Libicki

Signor Presidente, non vi è dubbio quanto al fatto che tutti i monumenti storici nel mondo facciano parte del nostro patrimonio comune e non dovrebbero essere vittime di circostanze politiche o, soprattutto, guerre.
Vi sarei grato se mi lasciaste raccontare un aneddoto personale. Quando mi sono recato in Armenia qualche anno fa e ho avuto modo di vedere tutti i monumenti e le chiese sopravvissuti sino ad oggi dall’inizio del Medioevo, mi è tornata in mente una mia precedente visita in Spagna, all’altro capo del mondo cristiano, un migliaio di chilometri a ovest. Sono rimasto impressionato da quanto fossero simili i monumenti nelle due regioni.
Erano tutti monumenti risalenti alla cultura del primo Medioevo. Noi siamo responsabili di tutti i monumenti del mondo. Nondimeno, i monumenti europei che testimoniano il passato culturale e l’unità dell’Europa dovrebbero starci particolarmente a cuore, si trovino essi nella remota parte orientale dell’Armenia, ai confini occidentali della Spagna o in qualunque altro luogo tra i due.
Mi pare che gli eventi ai quali ora stiamo assistendo siano particolarmente angoscianti perché i monumenti distrutti sono più di una semplice parte del patrimonio europeo. Appartengono infatti a tutto il mondo, e la responsabilità dell’Azerbaigian risulta del tutto evidente se, come affermava poc’anzi l’onorevole Tannock, ci domandiamo perché gli azerbaigiani non consentano ad alcuno di visitare tali luoghi e valutare sul posto l’entità dei danni. Fortunatamente, sappiamo ciò che è accaduto a seguito delle barbare decisioni prese dagli uomini al potere nella regione e disponiamo di prove filmate dei danni.
Dobbiamo adottare la presente risoluzione vigilando poi su ciò che accade. I passi da compiere non possono limitarsi alle parole, per quanto nobili siano. Alle parole devono seguire azioni e ci aspettiamo che l’Azerbaigian agisca.

GENOCIDIO CULTURALE

http://tsirani.blogspot.com/

Thursday, June 10, 2010

Orrore! Dopo i Buddha di Bamian il Cimitero di Jugha.



Dopo i Budda di Bamian, distrutti dai talebani nel 2001, ora un altro monumento di valore indicibile, il Cimitero Armeno di Jugha, che oggi si trova in Azerbajian, e' stato fatto sparire dalla faccia della terra.L'Institute for war and peace reporting che ha visitato l'antica localita' armena ha dovuto ammettere che non vi e' piu' traccia del famoso cimitero cristiano.Le pietre tombali del cimitero, vero e proprio capolavoro d'arte medievale, erano tutte egregiamente scolpite ed erette una accanto all'altra tanto da dare l'impressione, visto dall'alto, di reggimenti schierati e coperti. Le croci scolpite nella pietra erano cosi' numerose da ricoprire due colline adiacenti. Di queste pietre tombali, che gli Armeni chiamano “khachkars”, ve ne erano circa 2000 negli anni '80.Lo storico Argam Aivazian, il piu' grande esperto di monumenti armeni del Nakhichevan, riferisce che Jugha era l'unico monumento d'arte medievale e il piu' grande cimitero armeno in esistenza.Gli Armeni accusano gli Azeri di un atto deliberatamente vandalico.

Il Parlamento Europeo, l 'Unesco e la Camera dei Lords inglese vogliono far luce su questo accaduto. Una delegazione del Parlamento Europeo che si trova in visita nel sud del Caucaso non ha potuto ancora avere accesso all'area del cimitero.Se gli osservatori internazionali confermeranno che il cimitero e' stato distrutto si teme che le tensioni tra Armenia ed Azerbajian diverranno impossibili da controllare.Mentre dal lato azero continuano le patetiche smentite, col Presidente Aliev che con tono minaccioso dichiara che quelle armene sono "bugie e provocazioni", dall'altro comincia a trasparire qualche notizia che conferma la veridicita' dei fatti.Se verra' confermata la distruzione di un'opera d'arte cosi' importante, i due Paesi, che fino a qualche tempo fa si combattevano nel Nagorny Karabkah, non ci penseranno due volte prima di riprendere una guerra che e' finita solo all'apparenza.

Wednesday, June 9, 2010

Soldati dell'Azerbaijan distruggono cimitero cristiano armeno


Dopo il genocidio, anche la cancellazione culturale degli Armeni

Un associazione per la difesa dei diritti umani, con sede in Washington DC (USA), denominato International Cristian Concern (ICC) www.persecution.org , ha informato che il governo dell'Azerbaijan ha distrutto un preziosissimo cimitero cristiano armeno medievale nella regione di Djulfa di Nakhichevan.
Questo atto di "pulizia culturale" è il proseguimento del genocidio armeno, ed è un tentativo dei Paesi musulmani di quella regione di cancellare la memoria di una cultura cristiana prospera che è esistita nella zona del Caucaso dal IV° secolo d.C. Questa atrocità è allo stesso livello della distruzione delle statue del Buddha da parte dei Talebani e delle dissacrazioni dei cimiteri ebraici compiute in Europa. Non risulta che i governi occidentali abbiano protestato.
A metà dicembre 2005, circa 200 soldati armeni sono stati ripresi in un videotape intenti a distruggere con mazze un luogo sacro della Chiesa Apostolica Armena. Il cimitero risaliva al VII° secolo d.C. ed è stato distrutto per sempre, come segno di odio verso gli Armeni e la presenza cristiana in quest'area.
Dopo il genocidio del 1915, nel quale circa 1.500.000 Armenisono stati sterminati (insieme a Greci e Cristiani Siriani), l'Azerbaijan e la Turchia hanno cercato sistematicamente di sradicare la memoria della presenza cristiana nel Caucaso e in Anatolia. La tradizione suggerisce che l'evangelizzazione degli Armeni risalga agli apostoli Taddeo e Bartolomeo e il Cristianesimo ebbe successo prima che a Roma.

http://kattolikamente.splinder.com/archive/2006-01

Monday, June 7, 2010

Parlamento Europeo: Discussione sul patrimonio culturale in Azerbaigian

Giovedì 16 febbraio 2006 - Strasburgo
Charles Tannock

Signor Presidente, la presunta devastazione, nel dicembre 2005, del cimitero medievale armeno di Giulfa – noto anche storicamente come Jugha – con la distruzione di molti khatchkar, splendide steli funerarie incise, rappresenta una grave profanazione del patrimonio cristiano europeo.
Secondo quanto affermato dal governo azerbaigiano, il filmato che documenta tale scempio è propaganda armena fraudolenta. Io invece ho ricevuto una conferma indipendente da un architetto britannico, Steven Sim, esperto della regione, che assicura che il filmato è vero . Inoltre, se non vi è stata distruzione, perché gli azerbaigiani negano la possibilità di visitare i luoghi, sostenendo peraltro, cosa alquanto bizzarra, che l’atto potrebbe essere stato compiuto da saccheggiatori in cerca di materia prima per eseguire lavori di costruzione?
Steven Sim ha ribadito che per raggiungere il cimitero occorre attraversare il territorio controllato dall’esercito azerbaigiano, il che è praticamente impossibile senza sostegno ufficiale e palesemente viola il loro dovere di assicurare la protezione del sito.
L’ambasciata azerbaigiana mi ha anche informato che tale distruzione non è nulla a confronto della distruzione di alcune moschee azerbaigiane, e ho effettivamente ricevuto fotografie di moschee distrutte. E’ innegabile il fatto che nel 1991, nella zona di guerra, siano state distrutte moschee, e atti del genere vanno condannati senza riserve. Ritengo tuttavia che le fotografie inviatemi testimonino la distruzione avvenuta 15 anni fa, non 3 mesi fa. Inoltre, il sito di Giulfa nel Nakhichevan non ha mai fatto parte della zona di guerra. A ciò si aggiunge che mi è pervenuta una comunicazione secondo cui le autorità nel Nagorno-Karabakh avrebbero recentemente approvato un progetto per la ricostruzione delle moschee distrutte nel loro territorio.
Ora siamo in un momento critico dei negoziati tra i due presidenti, Kocharian e Aliev, a Rambouillet, in Francia, per la ricerca di una soluzione alla controversia nel Nagorno-Karabakh. Credo dunque che qualsiasi ulteriore atto ipotizzato di distruzione del patrimonio armeno non possa in alcun modo condurre a una pace duratura nella regione.

Sunday, June 6, 2010

Fonte italiana: GENOCIDIO CULTURALE

LA STAMPA

Del 23/1/2006 Sezione: Esteri Pag. 11

La denuncia / I soldati dell’Azerbaijan stanno distruggendo le steli degli antichi cimiteri

Croci armene cancellate dalla storia


ROMA Alla fine giovedi è intervenuto anche il Parlamento europeo per chiedere ufficialmente al governo dell’Azerbaijan «di mettere fine alla demolizione dei cimiteri medievali armeni e delle croci storiche scolpite nella pietra». Le croci sono i khatchkar, pietre-simbolo degli armeni innalzate vicino alle chiese o ai monastery o nei cimiteri. Croci sacre, nel senso che per gli armeni sacra a la stessa pietra, che diventa oggetto di venerazione e di culto. E dunque si trasforma in un sacrilegio la loro distruzione. Soprattutto se accade in un luogo come Giulfa, antica citta armena oggi nell’Azerbaijan, in una regione che si dice sia stata fondata da Noa (si chiama Nakhichevan, colonia di Noa). La citta si trovava sulle rive del fiume Arax, fu potente fincha nel 1605 lo Shah Abbas I costrinse gli armeni a trasferirsi in Persia. Gli armeni andarono e fondarono un grande villaggio che chiamarono Nuova Giulfa. Nel frattempo lo Shah, per impedire il ritorno degli abitanti, fece distruggere la vecchia citta ma non il cimitero con le sue croci medievali. Quello che a accaduto quattro secoli dopo, denuncia il Collectif Van (Vigilanza Armena contro il Negazionismo) a che «dal 10 dicembre alcune decine di soldati azeri, armati di pale, martelli e bulldozer, distruggono questi khatchkar e li buttano nel fiume Arax. Forse bisogna spiegare il silenzio assordante di Onu, Unesco e della Comunita internazionale con la presenza dell’oleodotto Baku-Ceyhan?». Il collettivo francese ha immediatamente lanciato una petizione per avvertire il mondo intero di quanto stava accadendo. Foto, filmati, stanno facendo il giro dei siti delle comunita armene del mondo intero. Ma in questo caso, forse, i numeri sono anche pia efficaci di un’immagine: erano dodicimila le croci, oggi ne restano poche centinaia e in pessimo stato. Il mondo armeno ha reagito moltiplicando l’allarme, chiedendo l’intervento dell’Unesco, mobilitando i governi di Stati Uniti e Inghilterra. A fine dicembre, infatti, i membri del Congresso degli Stati Uniti si sono rivolti al governo dell’Azerbaijan chiedendo la fine delle demolizioni. Secondo quanto riferisce l’ANCA (il comitato nazionale degli armeni d’America), in una dura lettera indirizzata al presidente dell’Azerbaijan, il rappresentante del congresso Adam Schiff ha condannato le azioni azere definendole un’offensiva violazione degli accordi internazionali: «Permettendo, e quindi incoraggiando, questi atti, la repubblica dell’Azerbaijan disonora non solo i morti sepolti al cimitero, ma lo stesso Azerbaijan ed il popolo azero».In Inghilterra la Baronessa Caroline Cox e John Marx hanno presentato un’interpellanza scritta alla Camera dei Lords Britannica chiedendo al governo inglese di esaminare con i rappresentanti dell’Unesco la questione. In Italia la comunitа ha fatto altrettanto parlando chiaramente di «martellate contro la storia».
I giovani della comunità hanno dedicato il loro bollettino quindicinale “Akhtamar on-line” alla vicenda svelando che i soldati in realtà sarebbero “quasi duecento”, che “si sono accaniti contro le poche croci di pietra scampate ai precedenti attacchi”. Troppi per poter considerare la nuova aggressione come l’isolato gesto di qualche sconsiderato”. Martellate contro la storia, dunque, le chiamano, perché “esiste un piano preordinato per giungere alla progressiva eliminazione di ogni traccia armena nell’insediamento cimiteriale persino con l’impiego di vagoni ferroviari sui quali venivano caricate le steli”.
Flavia Amabile

Saturday, June 5, 2010

Fonte russa: Il genocidio culturale dei monumenti armeni continua in Nakhichevan

"Circa 100 militari dell'Azerbaijan sono penetrati nel cimitero armeno vicino a Nakhijevan sulla sponda del fiume Araks e usando martelli e altri attrezzi hanno cominciato a distruggere le tombe e le croci armene, che sono salvate per miracolo negli attacchi di 2002" l'Ambasciata Armena in Iran, citando la Diocesi Armena della provincia iraniana di Atropatena, ha informato la pressa.
Secondo la fonte questo fatto è un altro passo del governo dell'Azerbaijan verso la distorsione e liquidazione delle traccie armene nel territorio di Nakhijevan. Secondo il rapporto dell'ambasciata i monumenti e le tombe armene in questa regione continuano ad essere un soggetto di atti programmati di vandalismo dagli Azerbaijani. Considerando queste azioni i capi spirituali di tre diocesi armene esprimono la loro indignazione e si rivolgono alla communità internazionale, alle instituzioni internazionali come UNESCO per l'aiuto di impedire un altro genocidio culturale da Azerbaijan.
Genocidio culturale

http://www.regnum.ru/english/560850.html


Friday, June 4, 2010

Croci Armene, SOS dal Caucaso

Giovanni Bensi, su Avvenire 12 luglio 2006

Ondata iconoclasta in una terra segnata da guerre e massacri. I "Katchkar", cippi devozionali eretti in aperta campagna, sono stati abbattuti dal governo dell’Azerbaigian. Distrutte 3.000 lapidi. Un film clandestino ha portato il caso al Parlamento europeo. Il governo azero respinge le accuse
Uno degli elementi più caratteristici dell'arte armena antica sono i "khatchkar", letteralmente "croci-pietre" ("khach", croce, "kar" pietra). Si tratta di stele sulle quali sono raffigurati a bassorilievo una croce, con o senza l'effigie di Cristo, fiancheggiata da scene bibliche oppure da preghiere o versetti evangelici in antico armeno: ricordiamo che l'Armenia è stato il primo stato a divenire ufficialmente cristiano, nel 301, 12 anni prima dell'editto di Costantino. I "khatchkar" venivano usati come lapidi tombali, ma più spesso anche come stele votive, come segni di devozione: se ne trovavano decine, soprattutto ai margini di strade e sentieri. Ma il Caucaso, di cui l'Armenia è parte, non è solo un crogiuolo di nazionalità, di lingue (oltre 30) e di religioni: cristianesimo ortodosso (Georgia, Ossezia), monofisita (Armenia), islam sunnita (Nord-Caucaso, con la Cecenia) e sciita (Azerbaigian), ma purtroppo è anche un concentrato di controversie, odii e rivalità storiche di cui gli armeni sono stati assai spesso vittime. In antico essi occupavano una regione più vasta di quella in cui sono concentrati oggi. Al di fuori dell'Armenia essi vivono, per esempio, nel Nagornyj Karabakh, enclave in territorio azerbaigiano, per il quale vi è stata una sanguinosa guerra (per ora congelata).
Ma in antico gli armeni abitavano anche nel Nakhicevan, una regione oggi appartenente all'Azerbaigian, ma separata da esso da territorio armeno. Sono rimaste però importanti tracce dell'antica presenza armena, in particolare le rovine della città di Julfà (o Jugà), distrutta nel 1605 dallo scià di Persia Abbas I che ne deportò gli abitanti, e poi risorta nelle vicinanze come "Nuova Julfà". La città era famosa per i suoi "khatchkar", risalenti al XV-XVI secolo, che ne punteggiavano la periferia e si estendevano lungo la riva del fiume Arasse che segna il confine fra il Nakhicevan (e quindi l'Azerbaigian) con l'Iran. Un vero e proprio museo all'aperto che perfino lo scià Abbas aveva rispettato. Ora però questo tesoro artistico è seriamente minacciato. Il Nakhicevan, assegnato all'Azerbaigian da Lenin (e Stalin, allora commissario alle nazionalità) nel 1922, è il feudo politico della famiglia Aliyev che governa l'Azerbaigian fin dai tempi sovietici con il padre Heyder, già capo del Pc e del Kgb locale, ed ora con il figlio Ilham che ne ha ereditato i modi dittatoriali.
Ilham Aliyev ha deciso di farla finita con l'imbarazzante presenza armena nel Nakhicevan, sia pure solo storica e pietrificata nei "khatchkar". Queste sacre pietre, si è deciso a Bakù, devono scomparire. E così alla fine del 2002 reparti dell'esercito azerbaigiano hanno incominciato a distruggere il vecchio cimitero armeno nella zona di Julfà, compresi i numerosi "khatchkar". Sull'area del cimitero è stato costruito un poligono di tiro. Dei circa 10-12.000 "khatchkar" che esistevano nel XVII secolo ne erano rimasti in piedi solo 3.000 che nel 2002 sono stati quasi totalmente abbattuti: se ne salvarono circa 200, per lo più più gravemente danneggiati. Ma non basta: tra il dicembre 2005 e il gennaio 2006 i militari azerbaigiani, circa 200 uomini, muniti di bulldozer, sono intervenuti di nuovo riducendo in frantumi e spianando le stele che in parte furono gettate nell'Arasse. Questo scempio è stato documentato da un film ripreso clandestinamente da attivisti per la difesa della cultura armena, appostati sulla riva opposta, quelle iraniana, dell'Arasse.
Questa azione ha fatto sì che lo scempio dei "khatchkar", a lungo ignorato dalla comunità internazionale, divenisse di dominio pubblico. Nei mesi scorsi il Parlamento europeo a Strasburgo, per interessamento, in particolare, di Mary-Ann Isler Begin, presidente della Commissione parlamentare per la cooperazione Ue-Armenia, ha adottato una risoluzione, redatta da Charles Tannock, membro britannico della "European Neighborhood Policy", nella quale viene condannata la distruzione dei monumenti armeni nel Nakhicevan. Anche Benit a Ferrero Waldner, commissario europeo per le relazioni estere, ha sottolineato l'importanza di coinvolgere il Sud-Caucaso (Transcaucasia) nella politica di "buon vicinato" europeo, contribuendo ad appianare i conflitti e a favorire il superamento delle tradizionali rivalità della regione. Un portavoce del ministero degli esteri azerbaigiano, Tair Tagizadeh, ha respinto le accuse affermando che il suo paese considera le stele di Julfà "monumenti archeologici", ma, curiosamente, sostiene che non si tratta di monumenti armeni, bensì relativi all'"Albania Caucasica", stato sorto nella regione alla fine del I millenio a. C. e confluito poi nella Persia sassanide.
I vandalismi azeri nel Nakhicevan dovrebbero indurre l'Europa a salvare la cultura armena, da sempre paladina dei valori cristiani nella regione.

Thursday, June 3, 2010

Le azioni talebanesche degli azerbaigiani

La distruzione delle statue di Buddha dai talebani
La globalizzazione non ha funzionato per l'ultima meraviglia degli armeni. Nel 2001 le telecamere avevano documentato lo scempio dei Buddha a Bamiyan, quando il regime dei talebani in Afghanistan fece a pezzi con la dinamite i celebri colossi ricavati nella pietra, tanto cari a generazioni di viaggiatori intraprendenti, Chatwin compreso. Stavolta, invece, non ci sono immagini con cui scandalizzarsi e pennacchi di fumo davanti a cui piangere lacrime di rabbia. La distruzione di una delle perle archeologiche del Caucaso è avvenuta a obiettivi spenti e, quindi, è destinata a galleggiare nel limbo degli eventi di serie B, quelli che non appassionano quasi nessuno: l'immensa collezione a cielo aperto di antiche e antichissime lapidi che componeva il cimitero di Djulfa non esiste più.
La distruzione del cimitero armeno di Giugha dagli azerbaigiani
L'ha preso a picconate e disperso un battaglione di soldati azeri, che si sono scatenati sulla collina quasi metafisica di una regione dove, tradizionalmente, i media non arrivano: il Nakhichevan è la desolata enclave dell'Azerbaijan immersa tra l'Armenia e l'Iran, non lontana da un'altra area (questa invece molto chiacchierata) che è il Nagorno-Karabakh, insanguinata da una guerra che ha provocato 30 mila morti e un milione di profughi. Dove c'erano da oltre un millennio le khachkars, innalzate tra l'VIII e il XVI secolo, incise con poetiche immagini di fiori e di animali, dediche malinconiche e tantissime croci cristiane, illuminate dai bagliori quasi rosa, giallognoli, grigi e neri delle pietre levigate dai venti e dalle piogge, resta ora un terreno irregolare e assolutamente brullo. Così - nonostante le imbarazzate smentite del presidente musulmano Aliyev - gli azeri hanno cancellato il più grande cimitero armeno al mondo e, insieme, la testimonianza unica (e mai davvero studiata) di una città (Djulfa) che aveva prosperato per millenni lungo i sentieri della Via della Seta e delle Spezie tra il cuore dell'Asia e le rive del Mediterraneo, finché nel 1604 la comunità fu catturata in massa dallo Scià Abbas e deportata in Iran, a Ishfahan.
Le lapidi, però, sopravvissero miracolosamente, epoca dopo epoca, come "reggimenti schierati in battaglia", secondo le parole dell'avventuriero inglese dell'Ottocento William Ouseley. Nonostante l'abbandono, i furti, i vandalismi e la costruzione nella zona della ferrovia con Erevan, 2 mila pietre, delle originarie 10 mila, si potevano vedere ancora nel 2005. Poi è scattata la distruzione finale. Ora, sei mesi dopo il raid, le conferme definitive sono arrivate dall'"Institute for War and Peace Reporting" di Londra e dal rapporto dell'archeologo Adam T. Smith dell'università di Chicago. Lui non ha ricevuto risposta all'appello lanciato alla comunità internazionale e nemmeno la mobilitazione dell'"Armenian Committee of America" ha avuto successo. L'assenza delle telecamere continua a farsi sentire.

Wednesday, June 2, 2010

La reazione del Parlamento Europeo al genocidio della cultura armena

La discussione sul patrimonio culturale in Azerbaigian
Giovedì 16 febbraio 2006 - Strasburgo
Marios Matsakis

Signor Presidente, la distruzione e la profanazione di un cimitero da parte di chiunque, in qualsiasi luogo, è un atto di barbarie. Se poi tale cimitero è anche un monumento di particolare rilevanza archeologica, allora fa pure parte del nostro patrimonio internazionale comune e la sua distruzione rappresenta anche un crimine contro l’umanità.
Il cimitero armeno di Giulfa è un cimitero cristiano di eccezionale importanza storica e culturale. Negli ultimi anni, ignorando il risentimento internazionale, i governi azerbaigiani, per atto di omissione o, più probabilmente, di commissione, si sono resi responsabili della distruzione sistematica di tale monumento. Si ritiene che gli autori effettivi di tale atto esecrabile siano forze azerbaigiane e civili fanatici islamici.
E’ assolutamente inaccettabile che l’ambasciatore azerbaigiano a Bruxelles abbia recentemente inviato messaggi di posta elettronica a europarlamentari attaccando personalmente con veemenza uno degli autori della presente risoluzione e cercando di denigrare e insultare l’integrità e la saggezza di questo Parlamento.
Vi esorto caldamente a votare a favore della risoluzione trasmettendo in tal modo un messaggio molto chiaro in merito ai nostri sentimenti di preoccupazione e riprovazione al governo dell’Azerbaigian per la distruzione del cimitero di Giulfa.